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mercoledì 16 aprile 2014

Coming back for Easter's break

Sono tornata in Italia per Pasqua. A trovare la mia nonna giu' in Molise.
Sono un po' triste per varie cose che non mi fanno dormire la notte.
Ma ora sono qui e voglio godermi questo posto senza troppe parole.









giovedì 30 gennaio 2014

Anno sabbatico

Conclusa ufficialmente la carriera di studentessa all'Accademia di Belle Arti nel marzo 2013, ho puntato tutte le mie energie su quello che si prospettava il migliore lavoro della mia vita.

Finalmente mi sentivo realizzata. Lavoravo alla Pinacoteca Agnelli di Torino come educatore alla collezione di Giovanni e Marella Agnelli, per l'appunto. 

Il lavoro consisteva in quello che avevo già avuto modo di fare l'anno precedente, con due stage nei dipartimenti educativi di Gam e Fondazione Sandretto. Accoglievo le classi di bambini provenienti da scuole dai 5 ai 11 anni, le portavo in visita alla collezione e poi in laboratorio. Occasionalmente mi preoccupavo di gestire il materiale, gli spazi, di studiare le mostre temporanee e quindi di provare i nuovi laboratori connessi. Era tutto molto stimolante, e questa volta remunerato.

La beffa è arrivata presto, e con essa una frustante e amara delusione.

Il contratto che mi era stato offerto non era altro che la proposta di aprirmi una partita iva e collaborare come "consulente". Per il numero di ore che avrei potuto fare, tra le 16 e le 18 in una settimana, e dopo una consulenza con un commercialista, ho deciso di rifiutare e comunicarlo alla responsabile.

Di conseguenza ho continuato a lavorare "a chiamata". Lo stesso tipo di  "contratto" era stato proposto anche a un altro ragazzo, che avevo avuto modo di conoscere anni addietro in Accademia. Mi fa ridere che pur non avendo alcuna esperienza in questo campo, era stato preso anche lui nel gruppo di nuovi "operatori" della Pinacoteca, insieme ad altre persone che invece avevano fatto questo lavoro o qualcosa di simile che aveva a che fare con i bambini.

La cosa che mi aveva fatto venire ulteriori dubbi era che inoltre questo ragazzo non amava i bambini ed era lui stesso a dirlo, e non si sforzava neanche di nasconderlo quando era a lavoro. Io e lui avremmo dovuto essere a pari merito quelli che avrebbero lavorato di più. In seguito alla proposta del contratto, ci era stato detto a entrambi di cercarci un commercialista, e io mi ero offerta di prenotare anche per lui in uno di quei centri del comune che prestano consulenze gratuite per giovani imprenditori.

Superfluo dirlo ma ci tengo a precisare che ho dovuto aspettare tal data per prenotare via internet, e a tal orario essere attaccata al computer per prenotare, al fine di non arrivare tardi e dover aspettare un altro mese per poter riprenotare. Comunque sia mi sono interessata di prendere appuntamento anche per lui all'ora più vicina alla mia. Questo perché si era trasferito da poco e da bohemien dei miei stivali non aveva una connessione internet (e non intendeva farla!). Mi sono anche informata e documentata a proposito di partita iva per conto mio, per essere preparata al colloquio con il commercialista.

E così è stato. Ci siamo presentati insieme e sorprendendo anche il commercialista stesso, sono riuscita ad avere un colloquio in cui ero perfettamente consapevole di tutto quello che avrebbe comportato, quindi per me quello era stato solo una conferma di ciò che sapevo già.

Il mio collega, invece, era come se si fosse fumato una canna prima di entrare. Completamente rincoglionito, senza aver la più pallida idea di cosa si fosse detto. Abbiamo dovuto faticare per semplificare le frasi e spiegargliele affinché capisse. Ma ricordo che anche dopo il colloquio, era stato come aver parlato al vento.

Dopo questo evento, mi sono mossa per comunicare la mia decisione alla nostra responsabile. Da quel momento è cambiato radicalmente qualcosa nel nostro piano ore settimanali. Ho cominciato ad avere meno laboratori. E cosa più che logica, ha cominciato ad averne di più lui. "Avrà accettato di aprirsi la partita iva" pensavo.

Solo dopo qualche mese, ho trovato il pretesto di chiederglielo e lì ho capito quanto ero stata come si suol dire presa per il culo. Era aprile, e il mio collega non aveva aperto alcuna partita iva. Non aveva neanche parlato a riguardo. Semplicemente non aveva detto niente e continuava a lavorare come se niente era stato mai detto. E come mai lavorava più di me? Mistero.

La frustrazione e la delusione cominciavano a farsi sentire. Che ingiustizia. Non volevo neanche andare a far polemiche dalla responsabile. Semplicemente avevo capito che essere schietti e onesti non sempre aiuta.

Ho fatto anche fin troppo. Anche quando ho deciso di prendermi a carico un laboratorio di ragazzi disabili al lunedì, in una cooperativa dove lavora una mia amica, sono stata così onesta da chiedere se fosse stato un problema impegnarmi in un altro lavoro dal momento che non mi era stato assicurato alcun monte ore settimanale. La risposta era stata ovviamente non è un problema, perché dovevo sapere che ormai al giorno d'oggi è impensabile avere un solo posto di lavoro e mi era stato fatto notare che molte mie colleghe ne avevano addirittura tre. Tutto questo come se fosse una cosa normale. Per me non lo era.

Verso aprile quindi, mi era balenata l'idea di cercare qualcosa per l'estate, dal momento che sapevamo tutti che una volta chiuse le scuole per le vacanze estive, non avremmo visto più un solo turno per almeno 3 mesi. Eccetto la stagista, che dal giorno alla notte avevamo visto diventare dapprima una nostra collega, poi bensì la nostra supervisor... con lo sgomento di tutti noi poveri tapini, che avevamo sicuramente qualche esperienza in più della carta stampata di un master al Castello di Rivoli - che da fonti amiche ci è stato detto ha insegnato poco e niente.

Così ho pensato, una cosa che avrei sempre voluto è imparare l'inglese, perché non andare 3 mesi a Londra a fare la ragazza alla pari? Mi occorrevano delle referenze, e perché non chiederle alla mia responsabile che sembra apprezzare il mio lavoro? Ebbene sono state molto apprezzate e utili, assieme a quelle che mi ha fatto un'amica, al fine di trovare una famiglia disposta a prendermi nonostante il mio inglese super elementare.

Mi sono rimboccata le maniche e ho ricominciato a studiare inglese. Ricordo di aver impostato cellulare e tutti i browser di tutti i siti in inglese, così, per abituarmi. Le chattate con gli amici in inglese. E le uscite, fingendosi inglesi. E' stato fantastico, mi sono divertita un sacco. Ho anche maledetto la mia incapacità di intrattenere una conversazione e di capire l'interlocutore su skype, durante le interviews. Ma non ho ceduto e alla fine sono riuscita a poter scegliere tra diverse famiglie che mi volevano. Ricordo che prima di ciò ho spammato una notte intera la mia application sul sito di ragazze alla pari nel mondo. E' stata dura, ma ce l'ho fatta e devo tutto solo alla mia caparbietà!

Era l'11 giugno 2013 quando, concluso l'ultimo incontro di conferma via skype, mi apprestavo a fare un biglietto quasi last-minute, per la settimana seguente. E il 17 giugno, il giorno dopo il compleanno di mio padre, ho lasciato l'Italia.

Il perché sono ancora qui e non sono rimasta solo 3 mesi è molto semplice. Mi sono innamorata di questa città! Ma l'intenzione di andare via per più tempo, forse per sempre, era già nell'aria. Aspettava solo di concretizzarsi con l'opportunità di trovare qualcosa qui. E qual miglior modo di imparare l'inglese facendo quello che più mi piace?

La babysitter mantenuta, zero spese, paghetta settimanale e zero pensieri. Sembra la reclam di una banca.
Eppure è così. Ho un professore privato da cui vado una volta a settimana e sta aiutandomi a prepararmi per il first certificate. In meno di 6 mesi sono riuscita a passare dal livello pre-intermedio a livello intermedio superiore! E per un anno ho deciso che questa è la mia vita. Un anno sabbatico, ecco.

lunedì 27 gennaio 2014

Nuovi orizzonti al mio risveglio.

Sono cambiate molte cose dall'ultima volta che ho scritto su questo spazio.

Vediamo come fare un sunto senza troppo disordine...

Mi sono laureata. Finalmente. 110.

Ho trovato il lavoro per cui avevo studiato, in un museo. E poi l'ho lasciato.

Mi sono trasferita a Londra.

Pressoché sono stati questi i grandi traguardi dell'anno scorso.

E sono tornata a scrivere. Cosa mai troppo felice.

domenica 7 aprile 2013

Borderline. Hanno buttato giù quel muro.

Dove abito io ci si sbaglia spesso.
Siamo sul confine, e quella che vedo dalla finestra una volta era la succursale di un ospedale psichiatrico.
Mi affaccio e ho un fiumiciattolo che porta alla bialera, oltre il quale vi è un lungo muro seminascosto da grandi alberi, e altri alberi vi sono ancora al di là del muro, in quello che è un parco verde immenso, una volta destinato alla segregazione dei malati psichiatrici.
Alle spalle di questo panorama che ogni giorno ho il piacere di guardare, ci sono i binari della ferrovia protetti da altri fitti alberi. Una strada chiusa, la nostra.
Abbastanza larga da indurre a pensare che esista un passaggio a livello per andare dall'altra parte, abbastanza sul confine da confondere chi per sbaglio si ritrova a imboccarla.

Auto-test di coscienza

Mi comporto esattamente come vorrei essere trattata: 

ho la pazienza di non arrivare a conclusioni affrettate;
aspetto e penso al perché di ogni gesto o parola;
non mi illudo, ma diffido nella speranza di ricredermi;
vivo e lascio vivere, non pretendo;
sono onesta e se me la prendo non ho problemi a dirlo;
non dico molte parole di lusinga perché credo più ai fatti concreti, ma dò molto peso alle parole e prendo tutto alla lettera  - così come uso fare io stessa coerentemente a ciò che dico - anche se ho imparato a leggere fra le righe e gli atteggiamenti che spesso dicono il contrario di quello che mostrano. 
Spero sempre di sbagliarmi, ma poi non succede mai.
E ricomincio.

martedì 19 marzo 2013

Ogni tanto piango un po'.

Il pensiero di oggi è verso tutti quei miei amici che non hanno più il papà. Tutti quei ragazzi giovani che hanno perso il proprio padre per malattia, e l'anno scorso sono stati tanti.

Godo di un'immensa fortuna io, che anche se non sarà perfetto il rapporto che ho con mio padre, posso vederlo tutti i giorni, mentre brizzola tutti i capelli ormai e brontola per qualcosa di storto.

Se penso che sono così fortunata e a volte nemmeno me ne accorgo, mi viene da piangere. Non posso sapere con certezza il dolore di una perdita del genere ma mi viene da piangere se ci penso. E penso a quante lacrime hanno versato i miei amici. E piango per loro.

giovedì 7 febbraio 2013

Come back 0.1

Ebbene, se torno qui non è mai così piacevole come si può pensare. Non per me.
Da dove comincio... da dove ho abbandonato. Ho passato il resto di gennaio a lavorare giorno e notte alla tesi, dopo l'ultima fantastica e allegra notizia della prof che mi avvisa -ormai  a quasi metà mese- che i miei scritti non andavano bene ed erano tutti da riscrivere. Perchè?

Com'è possibile che in tutti questi anni nessuno le ha insegnato a scrivere? Ci sono dei problemi molto grossi e io non sono un'insegnante di lettere, non posso passare il tempo a correggerle l'italiano perché nessuno dei suoi insegnanti alle medie o alle superiori glielo ha insegnato. Ho altre tesi da seguire e correggere e faccio davvero una difficoltà pazzesca a capire cosa scrive.

Questa, molto in sintesi, la situazione a due settimane dalla consegna. 50 pagine da buttare, o correggere -non si sa come, e ancora un intero capitolo da dover scrivere. La fortuna (che esiste) ha voluto che quello stesso giorno, in quell'aula, passasse un'insegnante di lettere in pensione a salutare la mia professoressa. Senza indugio la prof ha preso la palla al balzo per farci conoscere e in seguito appioppare il suo lavoro di relatrice alla gentile Paola, che inaspettatamente si è resa molto disponibile a darmi una mano con le correzioni. Sono seguiti molti incontri a casa sua dove leggevamo insieme le correzioni, mi spiegava come si scrive in italiano. Sorpresa di aver sempre pensato di saperlo già fare non dico bene ma discretamente, delusa per aver affrontato la dura e brutta realtà. Nessuno me lo aveva mai insegnato. Paola ci si è messa d'impegno come non mi sarei mai aspettata. Mi ha anche insegnato come rendere meno oscure le mie parole, non so se si vede il risultato.

Giorni passati al computer, intervallati dai viaggi per andare da Paola. Notti passate interamente a scrivere, after fino al mattino, sempre più tardi, ma al contrario. Una mattina sono andata a dormire alle 11 e mezza.
Poi verso la fine, la notizia. La scomparsa di mio nonno. La partenza immediata di mio padre, il mio restare forzato per la consegna della tesi. Il funerale a cui non sono andata. Il tempo che non si ferma se non per chi ci abbandona. Il tempo che mi insegue, che riesce a negarti persino le emozioni per le troppe corse frenetiche. Assenza di pensieri. Un attimo, fermandomi un attimo, il pensiero che si libera. Lacrime silenziose seduta in un angolo sulla metro. Freddo che insieme al freddo degli automi che vi passano tutti i giorni dentro mi ha dato il consenso di fermarmi e piangere, nel pensare a mio nonno. Nemmeno ci siamo salutati. Nemmeno mi vedrà laureata...anche sta volta, troppo tardi.

venerdì 4 gennaio 2013

Sono una bella ragazza, cosi' dicono.

Sono interessante e in gamba. Mi dicono spesso che sono pragmatica. Qualcuno dice che ho un carattere forte, chi lo definisce un caratterino, pochi sanno che ho un caratteraccio quando mi arrabbio, perché succede veramente di rado.

C'e' ancora qualcuno che si stupisce ancora dei miei occhi, chi mi trova adorabile, irresistibile. E poi c'e' chi mi trova matta, fuori come un balcone. Tanti sono quelli che mi dicono stronza. Stronzetta, per scherzare.

Lei mi diceva che ero scema. O mongola. Che mi incasinavo la vita. E combinavo guai incredibili. Ecco, mi diceva "sei incredibile".

E incredibilmente simpatica. Quante risate ho fatto fare alle persone per le mie battute o frasi sconnesse. 

E poi, tante altre cose, ma che vuoi che me ne freghi adesso. So quanto valgo, non ti credere. E non intendo piangermi addosso e nemmeno tirarmela.

Sto cercando di fare il pieno di autostima. Perché adesso non ricordo piu' che cosa piace veramente di me.