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giovedì 7 febbraio 2013

Come back 0.1

Ebbene, se torno qui non è mai così piacevole come si può pensare. Non per me.
Da dove comincio... da dove ho abbandonato. Ho passato il resto di gennaio a lavorare giorno e notte alla tesi, dopo l'ultima fantastica e allegra notizia della prof che mi avvisa -ormai  a quasi metà mese- che i miei scritti non andavano bene ed erano tutti da riscrivere. Perchè?

Com'è possibile che in tutti questi anni nessuno le ha insegnato a scrivere? Ci sono dei problemi molto grossi e io non sono un'insegnante di lettere, non posso passare il tempo a correggerle l'italiano perché nessuno dei suoi insegnanti alle medie o alle superiori glielo ha insegnato. Ho altre tesi da seguire e correggere e faccio davvero una difficoltà pazzesca a capire cosa scrive.

Questa, molto in sintesi, la situazione a due settimane dalla consegna. 50 pagine da buttare, o correggere -non si sa come, e ancora un intero capitolo da dover scrivere. La fortuna (che esiste) ha voluto che quello stesso giorno, in quell'aula, passasse un'insegnante di lettere in pensione a salutare la mia professoressa. Senza indugio la prof ha preso la palla al balzo per farci conoscere e in seguito appioppare il suo lavoro di relatrice alla gentile Paola, che inaspettatamente si è resa molto disponibile a darmi una mano con le correzioni. Sono seguiti molti incontri a casa sua dove leggevamo insieme le correzioni, mi spiegava come si scrive in italiano. Sorpresa di aver sempre pensato di saperlo già fare non dico bene ma discretamente, delusa per aver affrontato la dura e brutta realtà. Nessuno me lo aveva mai insegnato. Paola ci si è messa d'impegno come non mi sarei mai aspettata. Mi ha anche insegnato come rendere meno oscure le mie parole, non so se si vede il risultato.

Giorni passati al computer, intervallati dai viaggi per andare da Paola. Notti passate interamente a scrivere, after fino al mattino, sempre più tardi, ma al contrario. Una mattina sono andata a dormire alle 11 e mezza.
Poi verso la fine, la notizia. La scomparsa di mio nonno. La partenza immediata di mio padre, il mio restare forzato per la consegna della tesi. Il funerale a cui non sono andata. Il tempo che non si ferma se non per chi ci abbandona. Il tempo che mi insegue, che riesce a negarti persino le emozioni per le troppe corse frenetiche. Assenza di pensieri. Un attimo, fermandomi un attimo, il pensiero che si libera. Lacrime silenziose seduta in un angolo sulla metro. Freddo che insieme al freddo degli automi che vi passano tutti i giorni dentro mi ha dato il consenso di fermarmi e piangere, nel pensare a mio nonno. Nemmeno ci siamo salutati. Nemmeno mi vedrà laureata...anche sta volta, troppo tardi.

1 commento:

  1. Se dovessi tradurla in numeri direi che la percentuale dei giovani che scrivono in maniera indecorosa è assai ma assai molto alta: penso l'ottanta per cento come minimo. Diciamo che tra loro ci sto pure io. Ma la colpa è tutta da attribuirsi all'insegnamento e al metodo sbagliato che si usa al giorno d'oggi. Basta confrontarsi con quello che hanno imparato i nostri genitori per rendersi conto dell'enorme differenza.
    E' bello rileggerti dopo tanto tempo, anche se in circostanze così tristi. Mi spiace molto per il nonno, hai ragione, a volte basta fermarsi un attimo e liberare i pensieri per rendersi conto di esserci estraniati da tutto ciò che ci circonda.
    Un abbraccio e sii forte. Ciao.

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